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La seconda edizione della nostra “Neurologia clinica” arriva alle stampe dopo 11 anni dalla prima.
Il piano dell’opera è rimasto invariato, rimandando quasi ossessivamente al metodo clinico per congetture e confutazioni, derivato dalla filosofia della conoscenza di Karl Popper che, pur se non ha forse validità generale, proprio nel caso del conoscere (ri-conoscere) del clinico dimostra una sostanziale validità. L’opera non è più la stessa sotto vari aspetti: a) perché alcuni degli autori che hanno partecipato a questa seconda edizione non hanno mai fatto parte di quel nucleo consolidato di convivenza scientifica e applicativa che ha portato alla prima edizione; b) perché alcuni nuovi capitoli sono stati introdotti, essendo noi consapevoli di dover offrire al neurologo (ed al medico di base che ci auguriamo vorrà leggerci di tanto in tanto) conoscenze di base che si ritrovano distribuite in trattati diversi, spesso in coesistenza con nozioni di minor rilevanza per il clinico neurologo, ma anche informazioni di immediata utilità per il pratico. Al medico di medicina generale non chiediamo di conoscere la diagnosi genetico-molecolare delle malattie neurologiche o le malattie neurometaboliche, ma con i limiti che vorrà darsi, chiediamo di trarre le conseguenze che derivano da un fatto incontrovertibile e che tuttavia ancora oggi sembra misconosciuto: la neurologia, unica specialità di sistema (e non di organo o apparato) è la più pervasiva delle specializzazioni. Infine alcune note conclusive per il neurologo più giovane: 1. non dimentichi mai che le decisioni cliniche sono inevitabili, anche in condizioni di incertezza; 2. qualunque sia il rigore del metodo si può incappare in errore, ma quel che il metodo non consentirà mai è non riconoscere il proprio errore, affermando “le apparenze sono contro, ma io sono ancora convinto che la mia diagnosi era giusta”; 3. ricordi sempre il suggerimento di W. Osler, che noi abbiamo fatto nostro: “Ascolta il paziente, egli ti sta dicendo la diagnosi”.